Il Mobbing sul Lavoro: Definizione, Conseguenze e Giurisprudenza

Introduzione

Il mobbing, un fenomeno purtroppo diffuso negli ambienti di lavoro, si manifesta attraverso una serie di atti lesivi della dignità professionale e umana del lavoratore, finalizzati a emarginarlo e spingerlo a lasciare il proprio posto di lavoro. La Corte di Cassazione ha affrontato questo tema in numerose sentenze, fornendo una chiara definizione e delineando le conseguenze sulla salute del lavoratore.

Cos’è il Mobbing?

Il mobbing consiste in una serie di comportamenti sistematici e prolungati nel tempo che si concretizzano in atti ostili, prevaricazioni o persecuzioni psicologiche ai danni di un lavoratore. La finalità di tali atti è spingere il lavoratore a rassegnare le dimissioni, come evidenziato dalla Cassazione (Cass. civ., Sez. Lavoro, 10 gennaio 2012, n. 87).

Conseguenze sulla Salute del Lavoratore

Le vittime di mobbing subiscono gravi danni alla salute, sia fisica che psichica. Le conseguenze possono includere disturbi psicologici, come la depressione e l’ansia, e patologie fisiche, spesso causate dallo stress prolungato. Questi danni obbligano chi li ha commessi a risarcire la vittima, sia per le spese mediche (danno patrimoniale) che per il danno alla salute e alla vita di relazione (danno non patrimoniale).

La Prova del Mobbing in Giudizio

Per ottenere il risarcimento dei danni, il lavoratore deve dimostrare in giudizio la sistematicità e la durata nel tempo delle condotte vessatorie. La giurisprudenza ha chiarito che la valutazione deve considerare l’idoneità offensiva della condotta del datore di lavoro, anche in assenza di violazioni specifiche delle norme contrattuali (Cass. civ., Sez. Lavoro, 6 marzo 2006, n. 4774).

Caso di Studio: Sentenza Cass. civ., Sez. Lavoro, 15 maggio 2015, n. 10037

Un caso esemplare trattato dalla Cassazione riguarda una dipendente comunale vittima di mobbing, che aveva subito una lenta e costante emarginazione dal contesto lavorativo, culminata in una psicosi paranoide. La Suprema Corte ha confermato le pronunce di primo e secondo grado, riconoscendo la condotta di mobbing e specificando i parametri necessari per la sua configurabilità.

I Parametri del Mobbing

La sentenza ha riepilogato i seguenti parametri per riconoscere il mobbing:

  1. Contesto lavorativo: Le condotte devono verificarsi nel contesto lavorativo in modo continuativo e protratto nel tempo.
  2. Ripetitività: Gli atti persecutori devono essere reiterati e molteplici.
  3. Ostilità: Devono consistere in attacchi alla comunicazione, isolamento, cambiamenti nelle mansioni, attacchi alla reputazione, violenze o minacce.
  4. Dislivello tra le parti: Deve esserci una manifesta inferiorità del lavoratore rispetto al mobber.
  5. Fasi successive: La vicenda deve procedere per fasi successive, come conflitto mirato, inizio del mobbing, sintomi psicosomatici, esclusione dal mondo del lavoro.
  6. Intento persecutorio: Deve esserci un disegno premeditato per tormentare il dipendente.

Responsabilità del Datore di Lavoro

Anche se le condotte di mobbing sono state attuate da un altro dipendente, la responsabilità può ricadere sul datore di lavoro se questi non ha rimosso la condotta lesiva (art. 2049 c.c.). La Cassazione ha sottolineato che la responsabilità del datore di lavoro sussiste quando la condotta mobbizzante è conosciuta o tollerata dal datore stesso.

Conclusione

Il mobbing rappresenta una grave violazione dei diritti del lavoratore, con conseguenze dannose sulla sua salute e benessere. La giurisprudenza italiana, attraverso pronunce come quella della Cassazione del 15 maggio 2015, ha chiarito i parametri per il riconoscimento del mobbing e le responsabilità del datore di lavoro, offrendo alle vittime gli strumenti giuridici per ottenere giustizia e risarcimento.

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