Assegno divorzile: quando viene meno il diritto all’assegno?

Quando un Giudice dispone l’obbligo di pagare l’assegno divorzile all’ex coniuge, non fissa mai una data di scadenza o di conclusione di tale obbligo (e dello speculare diritto in capo all’ex coniuge a riceverne la corresponsione).

Tuttavia, esistono casi in cui l’obbligo all’assegno -ed il correlativo diritto a riveverlo- può venire meno: esistono quindi ipotesi che, laddove esposte al Giudice nelle dovute sedi, faranno si che quest’ultimo determini la revoca dell’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile.

Vediamo, allora, quali sono tali ipotesi

L’ex coniuge fa espressa rinuncia al mantenimento

Dopo la pronuncia di divorzio e dopo le relativ statuizioni in temrini di assegno, pu accadere qualsiasi cose.

Ad esempio, nulla esclude che, tra gli ex coniugi intervengano e sopraggiungano successivi accordi modificativi della pronuncia con cui il Giudice aveva disposto l’obbligo di pagamento dell’assegno divorzile. Gli ex coniugi, per esempio, potrebbero accordarsi per la cessazione dell’obbligo di versamento degli alimenti a fronte, ad esempio, dell’intestazione di un immobile, dell’attribuzione di un assegno cospicuo in favore dei figli o, ancora, di una somma unica forfettaria (cosiddetto assegno una tantum) a chiusura di ogni pendenza.

Tali accordi sono solitamente redatti grazie ad ipotesi di negoziazione effettuate per il tramite dei legali di parte.

Mutamento delle condizioni economiche/familiari di una delle parti

Il giudice, come noto, stabilisce l’assegno divorzile (e la sua misura) sulla base della situazione economica delle parti, così come rappresentata o nota al momento della cessazione del matrimonio. Ma le condizioni possono mutare e, in tal caso, la sentenza può essere oggetto di revisione.

Così è possibile, ad esempio, che:

  • il coniuge beneficiario (ovvero, quello destinatario dell’assegno) ottenga un nuovo lavoro,una promozione od un aumento reddituale che gli consentano di raggiungere l’autosufficienza economica;
  • il coniuge obbligato (ovvero, quello obbligato al versamento dell’assegno) perda il lavoro o subisca una riduzione della capacità lavorativa/reddituale consistente, che diminuisca le proprie possibilità patrimoniali.

Una circostanza che potrebbe determinare la riduzione dell’assegno divorzile è anche l’instaurazione di un nuovo nucleo familiare, con nascita di un figlio, da parte del coniuge obbligato. Posto infatti il diritto ad avere una famiglia ( che non può subire lesioni per via dell’obbligo di mantenimento) l’ammontare dell’assegno può essere oggetto di revisione in considerazione di tale nuova esigenza.

 

L’ex coniuge non cerca una attività lavorativa

L’assegno divorzile spetta nel caso in cui la situazione di incapacità economica non sia da attribuire a un comportamento colpevole del richiedente e beneficiario del supporto economico. Pertnto, se anche il giudice dovesse riconoscergli il mantenimento, tale diritto potrebbe venir meno se questi decidesse colpevolmente di non cercare un’occupazione lavorativa per rendersi indipendente.

Ovviamente, tale obbligo di ricerca occupazionale presuppone un’età ed uno stato di salute compatibili con un’attività lavorativa.

L’ex coniuge convola a nuove nozze

Se l’ex coniuge dovesse convolare a nuove nozze, perderebbe in automatico l’assegno divorzile. È l’applicazione del cosiddetto “principio di autoresponsabilità” in considerazione del quale ogni scelta comporta delle conseguenze, anche se determinano un peggioramento della situazione pregressa.

Attenzione: questo è l’unico caso in cui l’ex coniuge perde il diritto all’assegno divorzilecon il semplice verificarsi dell’evento (il matrimonio), senza necessità che intervenga una sentenza del giudice.

L’ex coniuge instaura una nuova convivenza

L’instaurazione di una nuova convivenza, se stabile e fondata sui presupposti del matrimonio (la cosiddetta convivenza “more uxorio”), fa cessare l’assegno di mantenimento. Non basta, ovviamente, una mera convivenza occasionale o “di opportunità”, come, ad esempio avviene nelle ipotesi di ospitalità fatte per condividere le spese dell’affitto. La nuova coppia deve avere un “progetto di vita comune“, caratterizzato dalla dalla convivenza ma anche dalla volontà di contribuire ai doveri di una vera nuova famiglia.

A volte , è suffiente osservare la durata della convivenza per determinare se questa possa definirsi “stabile” o meno. Ma possono concorrere anche altri elementi, come la nascita di figli, oppure la partecipazione spese di ristrutturazione della casa familaire, oppure direttamente la sottoscrizione di un contratto di convivenza.

Di recente, le Sezioni Unite della Cassazione, con una sentenza del 2021, hanno stabilito che l’assegno divorzile non cessa automaticamente, potendo comunque proseguire qualora il nuovo partner non abbia un reddito sufficiente per mantenere la coppia; ciò, però, a patto che l’incapacità economica dell’ex coniuge beneficiario sia da attribuire al fatto che egli abbia rinunziato, all’epoca del matrimonio, ad una carriera lavorativa per prendersi cura della (precedente) famiglia.

Tale condizione deve quindi essere valutata da un giudice, che terrà conto delle specificità dei singoli casi.

Morte di uno dei due ex coniugi

L’assegno di mantenimento è una prestazione economica di natura “personale” e che, pertanto, cessa con la morte di una delle due parti.

E pertanto:

  • se viene a mancare il soggetto obbligato al versamento, i suoi eredi non dovranno corrispondere alcuna somma all’ex coniuge superstite;
  • se viene a mancare il soggetto beneficiario, i suoi eredi non potranno pretendere alcunché dall’ex coniuge superstite.

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